Agnolo di Tura riferisce: "E non sonavano Campane, e non si piangeva
persona, fusse di che danno si volesse, che quasi ogni persona aspettava la
morte; e per sì fatto modo andava la cosa, che la gente non credeva, che
nissuno ne rimanesse, e molti huomini credevano, e dicevano: questo è fine
Mondo".
Si stima che tra il 1347 e il 1353
l’ Europa perse circa un terzo della popolazione dell’epoca. Il motivo di una
tale decimazione non fu una guerrà, né una carestia, né un improvviso
cambiamento climatico.
La causa furono dei batteri, enterobatteri
per la precisione: Yersinia pestis…un
essere vivente talmente piccolo da poter essere osservato solamente al microscopio.
Un essere vivente che, subdolamente, non viene annientato dal sistema
immunitario dell’uomo, ma resiste ad esso, replicandosi fino ad annientare il
proprio ospite.
La peste viene trasmessa dalla pulce del ratto, che ingerisce le cellule di Y. pestis succhiando il sangue di un animale infetto. Le cellule si moltiplicano nell'intestino della pulce e possono essere trasmesse ad animali sani attraverso una puntura. Non appena la malattia di diffonde, la mortalità dei ratti diventa così elevata che le pulci infettate cercano un nuovo ospite, uomo compreso. Una volta nell'uomo, le cellule di Y. pestis migrano di solito verso i linfonodi, dove provocano la formazione di aree rigonfie conosciute come bubboni. Per questa ragione la malattia è frequentemente conosciuta come peste bubbonica. I bubboni diventano ripieni di Y. pestis e la capsula di questi batteri impedisce la loro fagocitosi ad opera delle cellule del sistema immunitario. I bubboni secondari, invece, si formano nei linfonodi periferici, e le cellule batteriche infine possono entrare nel circolo ematico, causando setticemia (infezione del sangue) generalizzata. Se non curata prima dello stadio setticemico, i sintomi della peste, forti dolori linfonodali, prostrazione, shock e delirio, progrediscono e solitamente causano la morte in 3-5 giorni.
La forma polmonare è meno frequente, ma
molto più pericolosa, con un periodo di incubazione di 2-3 giorni. La
localizzazione del germe è in questo caso polmonare e il contagio interumano
avviene per via respiratoria.
Quella che devastò l’Europa, causando circa 25 milioni di vittime, fu detta Peste Nera, o Morte Nera.
Nel 1347, l’Orda d’Oro, guidata
da Gani Bek, assediava Caffa (l'attuale Feodosija), ricca colonia e scalo sulla via
dell'oriente della Repubblica di Genova, nella penisola di Crimea. La
peste raggiunse la città al seguito dell'Orda d'Oro: le cronache dell'epoca
riportano che gli assedianti gettavano con le catapulte i cadaveri degli
appestati entro le mura della città. Gli abitanti di Caffa gettarono
immediatamente in mare i corpi, ma la peste comunque entrò in città in questo
modo. La malattia giunse in Europa introdotta nella vasta rete commerciale dei
genovesi, che si estendeva su tutto il Mediterraneo. Racconta il francescano
Michele da Piazza nella sua Historia Siculorum
che a portare il morbo furono dodici galee genovesi che raggiunsero il porto di
Messina. Quando i Messinesi intuirono da chi aveva avuto origine il contagio
cacciarono le navi, ma ciò non bastò a fermare la peste.
Dopo Messina, i primi focolai
scoppiarono nei porti più trafficati del Vecchio Mondo, a partire da
Costantinopoli, Genova, Pisa e Venezia, per poi diffondersi da essi per ogni
dove. Secondo le cronache dell’epoca, la gente moriva per le case, nei palazzi,
per le strade, sulle navi, in viaggio per cercare salvezza dopo essere fuggita
dalle proprie città.
All’epoca degli spostamenti a piedi, a cavallo, su carri dalle ruote
cigolanti trascinati da buoi […] la peste avanzava al passo e mieteva vittime
al suo passaggio. 25 milioni di vittime nel XIV secolo. I medici in toga
indossavano maschere bianche dal lungo becco d’uccello, piene d’erbe aromatiche
per filtrare i miasmi. […] Davanti al grande Terrore nero, non è più la falce e
il suo sibilo sugli steli, è il crepitio della mietitrebbiatrice lanciata a
tutta velocità in mezzo ai campi di grano. Nessuna terapia. La peste è
imprevedibile e mortale, contagiosa e irrazionale. Semina mostruosità e morte,
riversa sul mondo il succo nero o giallo dei bubboni che bucano i corpi. (Da “Peste e Colera” di Patrick Deville)
Ma la peste è razionale, come
ogni malattia.
Alexandre Yersin, batteriologo,
medico ed esploratore, riuscì ad
isolare il bacillo della peste nel 1894,
durante una terribile epidemia di peste bubbonica che si sviluppò ad Hong Kong
e poi a Saigon. In realtà la scoperta merita di essere raccontata, come
meriterebbe di essere raccontata la vita del suo scopritore, Yersin, dal quale
poi il nome del bacillo: Yersinia pestis.
Yersin nacque in Svizzera nel
1863, per poi trasferirsi prima in Germania, a Marburgo, e
successivamente a
Parigi. C’è da dire che in quegli anni era in atto una sorta di competizione
scientifica tra Robert Koch, che nel 1876 riuscì per primo a coltivare il
bacillo dell’antrace (Bacillus anthracis)
e Luis Pasteur, il primo uomo a sviluppare un vaccino, quello antirabbico (ma
questa è un’altra interessantissima storia che racconterò in un’altra occasione).
Yersin decise di unirsi alla piccola banda dei pasteuriani, tra cui anche il
batteriologo Roux. Durante i suoi anni a Parigi, presso l’Istituto Pasteur,
lavorò al vaccino per la rabbia e sulla tossina della difterite. Ma Yersin era
un uomo che si stancava facilmente e aveva voglia di esplorare il mondo,
quindi, dopo essersi laureato in medicina e aver conseguito il dottorato con
una tesi sulla tubercolosi, Alexandre lasciò l'Istituto Pasteur e si trasferì
in Indocina iniziando l’esplorazione degli altopiani indocinesi. Sarà il primo
francese ad esplorare il paesaggio intorno a Da Lat e a produrre mappe ad alta
precisione. Nel 1891 tornò in Francia per
condividere le sue scoperte, ricevendo complimenti anche da Pasteur per le
esplorazioni effettuate intorno ai fiumi di Cochin.
Era un uomo che amava viaggiare,
esplorare, che curava i malati di Hanoi senza farsi pagare, perché, scrive in
una lettera a sua madre Fanny: "…[…]
Chiedere soldi per curare un malato è un po' come dirgli o la borsa o la
vita". E’ un uomo avido di conoscenza, impara a calcolare le coordinate
geografiche osservando gli astri per le proprie esplorazioni, viaggia con un
microscopio Zeiss che acquista prima di partire, e che trasporta anche in
groppa agli elefanti che utilizzava lungo i suoi spostamenti per le giungle
vietnamite e del Laos.
Nel 1894 è richiamato da Pasteur perché si è sviluppata
una grave epidemia di peste ad Hong Kong e Pasteur gli chiede di scoprire il
germe, prima di allora completamente sconosciuto.
A Saigon, Yersin prende in prestito del materiale medico.
Siamo a vent’anni dalla Prima Guerra Mondiale e gli inglesi si rivolgono ai
medici giapponesi, che è come dire ai tedeschi: il Robert Koch Institute contro
l’Institut Pasteur. Eppure, un italiano francofilo, padre Viganò, è pronto a
salvare la faccia della Troisieme Rèpublique in omaggio al Secondo Impero per
avere riunito l’Italia. Lo svizzero e l’italiano sono chiamati al servizio
della Francia.
Dal suo arrivo
ad Hong Kong, sotto una pioggia torrenziale, Yersin vede i cadaveri appestati
per le strade e le pozzanghere, in mezzo ai giardini, accanto alle giunche
ormeggiate. I soldati britannici trascinano via con la forza i malati e
svuotano le loro case, ammassano tutto e gli danno fuoco, versano calce e acido
solforico, alzano muri di mattoni rossi per impedire l’accesso ai quartieri infettati.
Gli ospedali allagati sono presi d’assalto, inutilmente. Lawson apre un po’ dappertutto
dei lazzaretti che sono in realtà degli obitori. Buttano per terra delle stuoie
che poi bruceranno insieme a chi le occuperà. La morte arriva in pochi giorni.”
(Patrick Deville)
“Ci sono tanti topi morti per terra”. I primi appunti buttati giù da Yersin la sera stessa del
suo arrivo riguardano le fogne che traboccano e i topi in decomposizione. Grande osservatore, Alexandre.
Yersin
è francese (naturalizzato francese, per la precisione), con una fama notevole
nel campo della batteriologia, e il governatore inglese lo autorizza a studiare
la peste, anche se in realtà la cattiva volontà degli inglesi è evidente. I
giapponesi fanno ancora peggio, con il gruppo di Shibasaburo Kitasato che
intende riservare per sé tutte le autopsie. Nessun cadavere sarà mai messo a disposizione
di Alexandre Yersin che, come scrive Deville, potrebbe dichiararsi sconfitto e
riprendere il mare. Ma c’è l’italiano, padre Viganò, che fa costruire in due
giorni una capanna per lo svizzero/francese vicino all' Alice Memorial Hospital.
Viganò unge le ruote dei marinai inglesi in servizio all’obitorio dell’ospedale,
dove sono accatastati i cadaveri in attesa del rogo o del cimitero, e gliene
compra qualcuno. Yersin scrive: “I
cadaveri sono già dentro la bara e ricoperti di calce. Tolgo un po’ di calce
per scoprire la regione crurale. Il bubbone è ben evidente. Lo estraggo in meno
di un minuto e salgo nel mio laboratorio […]. Al primo colpo d’occhio riconosco
un purè di microbi tutti simili tra loro. Sono piccoli bastoncini tozzi dalle
estremità arrotondate”.
Kitasato, che estraeva gli organi
e il sangue, e ignorava il bubbone, descrisse lo pneumococco di una infezione
collaterale che egli scambia per il microbo.
E senza il caso e la fortuna il
genio non è nulla.
Yersin, che lavorava in una
capanna, dove la temperatura era di circa 28°C, riuscì ad isolare il batterio perché
quest’ultimo cresce meglio a una temperatura più bassa di quella corporea.
Kitasato invece, che disponeva di incubatori che permettevano di crescere le
colture batteriche a 37°C, temperatura normalmente favorevole alla crescita,
non riuscì ad identificare il bacillo della peste, se non successivamente.
Questa è la grande storia della
scoperta della Peste, una malattia terribile, caratterizzata da una letalità
che nelle forme polmonari, se non curata, si avvicina al 100% (e al 75% nella
forma bubbonica), che fece milioni di vittime in pochi anni, che causò la più
grande persecuzione degli ebrei prima della Shoah (così, come sempre accade, la
colpa dell'epidemia venne fatta ricadere sui "diversi" dell'epoca,
gli Ebrei, accusati di avvelenare i pozzi delle città e spesso le processioni
dei flagellanti si concludevano con una vera e propria caccia agli Ebrei che
venivano trucidati senza tenere conto del fatto che anche questi ultimi
morivano di peste proprio come tutti gli altri), che determinò cambiamenti
radicali nell'aspetto delle città o nei patrimoni dei sopravvissuti.
La Peste di Boccaccio, la Peste
della disperazione.
La Peste che venne sconfitta da
un uomo con la passione per la scienza e per la conoscenza, un uomo coraggioso
e a volte incosciente, instancabile, con l’antipatia per la politica. Un uomo per il
quale scoprire il batterio che uccise decine di milioni di persone fu semplice,
come lo fu guardare il mare di Nha Trang per sentirsi felici.